Come si svolge la Prima seduta di un consulto psicologico?
La prima seduta di un consulto psicologico è principalmente di conoscenza tra il paziente e il terapeuta. Si dà al paziente l’opportunità di definire la ragione che lo ha spinto a rivolgersi al professionista, quest’ultimo manterrà un atteggiamento non giudicante e favorirà un clima emotivo accogliente e disteso. Il paziente è libero di autopresentarsi riferendo di sé ciò che in quel momento è pronto a dire, raramente il professionista rivolgerà domande dirette. In questa fase sarà fondamentale la creazione di un rapporto di fiducia tra paziente e terapeuta, importantissimo per lo svolgimento ottimale di eventuali sedute successive. Durante la prima visita il paziente ottiene tutti i chiarimenti che desidera sull’eventuale percorso terapeutico da avviare.
Di cosa parlano paziente e psicologo durante le sedute?
Nell’approccio psicodinamico lo psicologo si limita a garantire uno spazio di ascolto intervenendo in modo discreto. Non si tratta di una comunicazione reciproca come quella alla quale siamo abituati bensì unilaterale, rispondente ai soli bisogni del paziente. Generalmente, il paziente porta in seduta i propri sintomi, gli accadimenti quotidiani, si esplorano le emozioni da essi suscitate, le motivazioni che sostengono certi comportamenti. Attraverso le associazioni possono emergere ricordi passati e si può procedere a ritroso ripercorrendo la propria infanzia. Talvolta è possibile giungere a delle comprensioni circa i propri modi d’essere quali riproposizione di “schemi” o conflitti che agiscono inconsciamente influenzando la vita attuale, incastrandoci in circostanze che ci provocano sofferenza ma dalle quali non riusciamo a uscire. Tuttavia, la psicoterapia non è soltanto un procedere a ritroso per una maggiore comprensione di Sè, piuttosto restituisce alla persona la capacità di guardare al futuro facendosi portavoce del proprio Desiderio.
In cosa consiste la Psicoterapia di coppia?
La psicoterapia di coppia è un intervento terapeutico finalizzato ad aiutare i coniugi/conviventi in difficoltà a superare momenti critici che incontrano nel loro cammino comune. Le difficoltà incontrate possono essere di diverso tipo a seconda della fase del ciclo vitale della famiglia (coppia senza figli, nascita del primo figlio, crescita e distacco dei figli, pensionamento ecc). Le problematiche per le quali comunemente si intraprende un percorso di psicoterapia di coppia sono ad esempio problemi nella sessualità, difficoltà di comunicazione, divergenze nelle modalità genitoriali, conflitti, tradimenti.
Come funziona il segreto professionale dello psicologo?
L’obbligo al segreto professionale è disciplinato dall’articolo 11 del Codice Deontologico, pertanto il professionista non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza, può derogare all’obbligo del segreto professionale esclusivamente col consenso del paziente. Lo psicologo può infine venir meno all’obbligo di riservatezza qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psico-fisica del paziente.
Quanto dura una Psicoterapia?
Nell’approccio Psicodinamico non è possibile stimare la durata della terapia all’inizio del trattamento, essa varia sulla base del tempo individuale del paziente e del livello di gravità del disturbo. Il professionista ha l’obbligo di proporre l’interruzione del trattamento quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura ed il paziente può in qualsiasi momento interrompere la terapia. Terapeuta e paziente possono periodicamente trarre un bilancio dei progressi ottenuti sulla base dei quali valutare il proseguo o l’interruzione del trattamento. In genere l’intervento ha una durata minima di 6 mesi e può prolungarsi per uno o più anni. Al termine della psicoterapia ci si aspetta un cambiamento profondo nella struttura di personalità che si estrinseca in differenti modalità di stare in relazione con gli altri e in un differente modo di vivere se stessi ed i propri stati d’animo. Generalmente si acquisisce una maggiore consapevolezza del proprio funzionamento interno nonché una maggiore capacità di comprensione, modulazione ed espressione degli stati d’animo, anche detta intelligenza emotiva.
Le spese sostenute per il supporto psicologico sono detraibili?
Si, rientrano nelle spese mediche e sono, quindi, detraibili al 19% .Tali spese possono essere portate in detrazione anche se le sedute dallo psicologo non sono state prescritte da un medico o da uno specialista.
Come devo comportarmi se un mio familiare ha bisogno di consultare uno psicologo ma non intende farlo?
E’ frequente che una persona in stato di sofferenza psichica neghi il proprio problema. In questo caso un familiare può fare il primo passo e richiedere una consulenza al fine di valutare insieme al professionista la problematica in atto. Nel caso di genitori che vivono una difficoltà con i propri figli può essere opportuno un percorso di sostegno alla genitorialià secondo il principio dell’intervento “a cascata”, con possibili ricadute positive sui figli attraverso il sostegno della coppia genitoriale. Il principio è analogo nella presa in carico dei familiari della persona in stato di sofferenza che si nega alla terapia. Accade a volte che in momenti successivi la persona sofferente possa prendere in considerazione la terapia inserendosi nel progetto terapeutico avviato dai propri familiari. In nessun caso è possibile garantire l’efficacia della psicoterapia in assenza di adeguata motivazione e compliance al trattamento.
Perché il corpo è capace di “autocurarsi” le proprie ferite fisiche indipendentemente dalla nostra volontà e la mente invece non è capace di curare la nostra parte emozionale e mentale se non viene aiutata e stimolata?
La mente come il corso ha i suoi anticorpi ed i suo meccanismi di difesa per far fronte agli stati di sofferenza tuttavia non sempre ci riesce. Quando il sistema fisico e mentale vengono messi in scacco la persona si ammala. La differenza sta nella cura, il corpo può beneficiare di medicine per difendersi da un male che spesso proviene dall’esterno e rappresenta una componente estranea del corpo, da eliminare. La psiche al contrario ingaggia una battaglia con se stessa, tenta di coniugare tendenze e pulsioni tra loro opposte, la persona che soffre non dovrà quindi semplicemente sbarazzarsi del proprio malessere ma comprenderne il senso ed integrarlo nel continuum della propria esperienza come una parte di Sè. La psiche consta di componenti inconsce che, per loro natura, sfuggono al controllo della persona e necessitano di un’altra persona, oltre che di uno specifico assetto relazionale, per rimettere in sesto il sistema e “guarire”. Inoltre, molti meccanismi di “autocura” del corpo originano e sono influenzati in realtà dalla mente. Il sistema immunitario ad esempio produce anticorpi detti “natural killer” che godono di funzioni antitumorali. In periodi di stress la produzione di tali anticorpi è ridotta, aumentando invece la produzione di cortisolo. Nel lungo periodo tale assetto si traduce in una vera e propria sindrome predisponendoci a patologie sistemiche. è chiaro quindi che mente e corpo sono talmente interconnessi che per comprenderne i meccanismi è meglio chiedersi cosa li accomuna che cosa li differenzia. Entrambi lavorano di concerto per consentire all’organismo di sopravvivere, non sempre ci riescono e per questo l’uomo ha scoperto la medicina e la psicologia.
Quanto è affidabile l’interpretazione dei sogni?
Il grado di affidabilità di questa tecnica è fortemente dipendente dal contesto relazionale in cui viene utilizzata. L’interpretazione dei sogni rimanda a dei significati di cui solo la persona che ne è portatrice può fornire una garanzia sulla bontà di ciò che viene interpretato. Il processo di interpretazione non si impone al paziente a partire da una conoscenza che discende dal terapeuta, è un processo di co-costruzione di significati, validi e affidabili laddove il paziente ne percepisce una familiarità, frutto del suo sentire e di quanto la coppia terapeutica ha costruito insieme fino a quel momento. Per essere chiari, non ha senso interpretare un sogno al di fuori di un trattamento psicoterapico. Si tratterebbe di un esercizio sterile, non si andrebbe oltre una serie di significati convenzionali e frutto del senso comune. Non esiste infatti un significato univoco di tipo simbolico da attribuire al sogno (es: sognare di volare come sublimazione di un desiderio sessuale).
Perché abbiamo il desiderio di avere successo?
Lo hanno chiamato bisogno di autorealizzazione (Maslow) ed è associato al desiderio di padronanza. Ci sono infinite teorie di psicologia sociale che convergono nel definirlo uno dei bisogni tipicamente umani poiché socializzati e non biologici, non derivanti dalle pulsioni di freudiana memoria bensì dalla loro sublimazione ovvero canalizzazione in scopi sociali.
La mia idea è che l’uomo, a partire dai suoi discendenti primitivi, si caratterizza come “faber” costruendo oggetti e strumenti per padroneggiare meglio l’ambiente ed acquisire uno status. I processi che muovono l’agire umano sono rimasti gli stessi fino ad oggi, solo che ci rapportiamo ad una realtà più complessa e di conseguenza anche la mente per adattarvisi ha acquisito maggiore complessità.
Secondo alcune teorie di nuova generazione c’è una correlazione tra il testosterone e la propensione al rischio, fu scoperto in uno studio condotto su broker di wall street. Lo studio puó essere criticato su molti fronti ma rappresenta comunque uno spunto.
Ed infine, bambini che mostrano una predilezione per compiti sfidanti piuttosto che per quelli facili hanno il 75% di probabilità di divenire imprenditori di successo da adulti. In conclusione, gli esseri umani, chi più chi meno, desiderano avere successo per fattori di ordine bio-psico-sociale.
Come posso riuscire ad amarmi?
Un sano amore per se stessi è quello che alcuni autori in psicologa definiscono “narcisismo sano”. Tale aspetto così importante della personalità ha origini arcaiche ed è radicato nell’essere stati oggetto d’amore delle proprie figure genitoriali nei primissimi anni di vita. Tuttavia, sentimenti di disistima se non disgusto e odio per se stessi non sono infrequenti nelle persone. Il senso di colpa è un ulteriore sentimento che può accompagnare tali vissuti e può originare proprio dal non sentirsi abbastanza importante, buono e meritevole di amore. Ma al di là degli psicologismi, il superamento del senso di colpa è un modo utile per provare amore per se stessi, il luogo elettivo in cui ciò può avvenire è la psicoterapia, esplorando così le origini di questi sentimenti negativi nei confronti del Sè ed iniziare così a “perdonarsi” o meglio a viversi pienamente per ciò che si è abbandonando eventuali tendenze autogiudicanti. Generalmente al termine di una psicoterapia l’odio lascia spazio all’indulgenza ed è spesso sorprendente per la persona notare come non solo il Sè ma anche gli altri erano spesso stati oggetto di odio.
Che cosa scatena l’ansia?
L’ansia, per sua natura, è una paura senza oggetto così come la depressione è una tristezza senza oggetto. Chi prova ansia è in uno stato di allerta che spesso resta indefinita. Essendo uno stato interno generalmente è accompagnata da un pensiero il quale si “aggancia” a un oggetto, una circostanza, una persona ma tende a migrare, cambiando l’oggetto di volta in volta. In definitiva, l’ansia non è scatenata o indotta da qualcosa, è uno stato interno o una disposizione più o meno presente nell’individuo. Siamo portati a credere che l’ansia sia una conseguenza più che una causa e la addebitiamo a qualcosa che si trova all’esterno di noi, tuttavia lo facciamo soltanto perchè è più rassicurante per noi dare una forma alle nostre paure.
Quanta difficoltà il bimbo di qualsiasi età ha ad addormentarsi da solo? E’ giusto farlo venire nel lettone?
Il concetto di giusto o sbagliato è meno normativo quando si parla di educazione e sviluppo del bambino. I figli richiedono una profonda individualizzazione di approccio da parte dei genitori e spesso si va a tentativi per prove ed errori cercando di seguire il buonsenso, facendo del proprio meglio. Il comportamento in questione può emergere tra i 2 ed i 4 anni. Vietarlo può non risolvere il problema ed avere invece l’effetto opposto. In genere è utile provare a comprenderne le ragioni, se si sente spaventato per un pensiero o per un oggetto nella stanza che impaurisce (talvolta un pupazzo “che guarda”), perchè ha paura del buio o semplicemente si diverte a “insinuarsi” tra i genitori. In ogni caso aiutare il bambino ad esprimere con le sue parole le ragioni sottese al comportamento è utile e può rendere in seguito il comportamento non necessario una volta espresse.
Qual’è il modo più efficace per combattere la depressione?
La maniera oggi mostratasi più efficace è associare un percorso di psicoterapia, volto a comprendere le cause profonde e inconsce alla base del disturbo depressivo, con una terapia farmacologica in grado di ridurre i sintomi acuti e contrastare le modifiche neurobiologiche indotte dalla depressione stessa quale ad esempio la riduzione della produzione di serotonina. L’associazione delle due forme di terapia si è dimostrata più efficace in termini di riduzione dei sintomi e minore probabilità di ricadute. Rispetto alla sola terapia farmacologica il cui tasso di efficacia è di circa il 60% (percentuale simile alla psicoterapia), associando le due forme di terapia il tasso di efficacia sale all’85%.
L’intelligenza è genetica? È ereditata dai genitori ai bambini?
Un noto studio condotto su bambini adottati divisi in 4 gruppi combinando alto o basso QI dei genitori biologici e altro o basso status socioeconomico dei genitori adottivi ha confermato come i figli di genitori biologici con alto QI unito a genitori adottivi con alto status socio-economico avevano punteggi di QI più alti di tutti gli altri. In altre parole, avere genitori intelligenti e crescere in un contesto culturale ed economico capace di stimolare adeguatamente il bambino rappresenta la migliore condizione possibile per il suo sviluppo intellettivo.
Come spiegare la morte ad un bambino?
Generalmente con i più piccoli si paragona ad una partenza, ad un lunghissimo viaggio. Successivamente si può dir loro che è come un sonno molto profondo, si può affrontare l’argomento partendo dagli organismi del regno vegetale ed in seguito animale. Ad un certo punto, non c’è un’età precisa, si può spiegare al bambino che che persona che muore va in un luogo diverso dal nostro che nessuno conosce. La morte come concetto simile a quello elaborato dall’adulto può essere mediato intorno ai 10 anni quando il pensiero diviene astratto e può essere contemplata l’inconoscibilità di alcune sfaccettature dell’esistenza. Come già sottolineato più volte non ci sono regole precise, tutto dipende dalla disposizione del bambino, dalla sua curiosità e da stati di necessità dettati dalle circostanze più o meno favorevoli della vita.
Spesso per i genitori può essere difficile trattenersi dall’alzare la voce quando si ha la percezione di non essere ascoltati dai propri figli, ma siamo sicuri che questo funzioni?
Siamo umani e qualche volta perdiamo la pazienza, è normale.
I metodi educativi considerati più adeguati sono quelli induttivi e basati sull’empatia. Consistono nel fornire gli strumenti al bambino per comprendere le situazioni, le conseguenze delle proprie azioni su se stesso e sugli altri, le intenzioni ed i pensieri sottesi alle azioni altrui. Tale metodo favorisce il “decentramento”, lo sviluppo di giudizi morali più evoluti, l’interiorizzazione delle norme, la capacità di resistere alla tentazione di contravvenirvi ed un maggior autocontrollo.
Di contro vi sono i metodi basati sulle punizioni e le coercizioni che tendono a non far sviluppare nel bambino la comprensione delle situazioni e delle intenzioni, aumenta il desiderio di trasgressione delle norme, determina una moralità povera, equivalente a quella ricevuta mediante questo tipo di educazione.
Infine i metodi educativi basati sulla privazione dell’affetto sono ad alto impatto emotivo, consistono nell’ignorare il bambino ed i suoi tentativi di riconciliazione, non accettarne le scuse, minacciarlo di non volergli più bene. Il bambino, data la sua condizione di dipendenza dall’adulto non ha gli strumenti, a differenza di quest’ultimo, per gestire la separazione da lui. Ciò determina uno sviluppo caratterizzato da repressione delle emozioni aggressive, senso di colpa e bisogno di approvazione.
In generale, non è alzare la voce ogni tanto a determinare un impatto negativo nel bambino, quanto stili educativi pervasivi caratterizzati da aggressività, scarsa empatia e dall’incapacità di ammettere i propri sbagli, anche da parte dell’adulto.
Se si alza la voce basta scusarsi.
Sei un genitore di un figlio adolescente che fa il bullo, cosa fai?
Si tende a focalizzare l’attenzione esclusivamente sul bullo. In realtà, il comportamento del bullo è solo una parte di dinamiche di classe disfunzionali. Attorno al bullo gravitano sempre dei compagni che, pur non partecipando direttamente alle azioni messe in atto dal bullo, lo rinforzano tramite l’approvazione e istigandolo. A volte semplicemente non intervenendo in alcun modo diventando però “spettatori” che, indirettamente, continuano a dare un senso a quel comportamento. Per questo sono utili interventi che coinvolgano il gruppo-classe sgomberando il campo dagli elementi che fungono da favoriscono l’insinuarsi dei fenomeni di bullismo . Il ragazzo “problematico” avrà modo così di lavorare individualmente sull’empatia e la consapevolezza degli effetti delle proprie azioni sull’altro. Analizzando l’inconscio potrà rintracciare la motivazione profonda del proprio comportamento aggressivo che spesso poggia su una grave insicurezza. Non di rado un atteggiamento arrogante e sicuro di sé fa da copertura ad un senso di inadeguatezza ed aggredire gli altri diventa un modo estremamente efficaci per rifuggire da un vero confronto.
Come ci si difende dal bullismo?
Un buon modo può essere imparare a riconoscere immediatamente gli sconfinamenti altrui, bloccandoli prima dell’escalation che purtroppo può determinare gravi conseguenze. Spesso chi è vittima di bullismo subisce in silenzio sperando che passi, tuttavia questo di solito non accade. Può essere utile imparare ad esprimere le proprie emozioni come rabbia e indignazione quando si è ancora nelle condizioni di difendersi, ad un certo punto però non è più consigliabile tentare di cavarsela da soli ed è opportuno chiedere tempestivamente aiuto. Molti pensano di cambiare scuola. Laddove si è rivelato necessario molte persone grazie a nuovi inserimenti hanno migliorato la loro vita anche se, inizialmente, l’hanno vissuta come una sconfitta. Ma non è affatto così. Questa tuttavia rappresenta una scelta personale da prendere con cautela, valutandola attentamente insieme al diretto interessato che dovrebbe poter esprimere l’ultima parola in merito.
Il termine “Hikikomori” indica quei ragazzi che si isolano nella propria camera ed interrompono ogni rapporto, sia all’interno della rete amicale che familiare. Quali sono i motivi che portano un giovane a vivere questo disagio?
Il fenomeno degli Hikikomori coinvolge oggi anche moltissimi adolescenti del nostro paese seppur con alcune differenze rispetto al fenomeno originario. In generale, tale fenomeno rappresenta una fuga dal mondo sociale concreto, porta alla costruzione di un’identità nuova che dona alla persona un senso di padronanza magari non sperimentata nella vita di ogni giorno. Il paradosso che sperimenta l’Hikikomori è che il ritiro dalle relazioni sociali non corrisponde ad un’assenza di interesse per quest’ultime. Essi infatti intrattengono una “rete” di relazioni fittissima sul web sublimando, di fatto, il loro bisogno di socialità. Tale condizione è spesso basata su una visione negativa della società e delle relazioni umane e l’isolamento viene motivato come scelta o atto di ribellione, a volte sostenuta da ragioni politiche. In realtà, nonostante l’apparente logica alla base dell’isolamento, è notevolmente alto il riscontro di tendenze depressive negli adolescenti Hikikomori, specie nella forma che ha preso piede in Italia. Per tale ragione è opportuno considerare seriamente una psicoterapia, magari proponendola inizialmente in modalità a distanza.
Come comporta dover affrontare un divorzio?
Quando si condivide la propria vita con qualcuno si crea uno spazio comune, fisico e psichico, nel quale i membri della coppia depositano parti di Sé. Quando ci si separa non si perde soltanto il proprio partner ma questo spazio condiviso che contiene anche parti di noi stessi. Quella persona non potrà essere dimenticata perché intimamente legata ad una parte di noi, ciò che accade è invece la ristrutturazione di quello spazio mentale nel quale progetti, passioni, idee e sentimenti autentici tornano disponibili per essere reinvestiti e che, in futuro, potrebbero tornare condivisibili con un’altra persona. Ciò che conta è riappropriarsi di quelle parti di Sé che avevamo donato all’Altro. Pur comprendendo che tale processo è quanto mai complesso e doloroso, esso non è impossibile. Richiederà del tempo, tutto quello che serve.
É più intelligente l’uomo o la donna?
Sulla base delle ricerche relative al QI è stato dimostrato che uomini e donne sono ugualmente intelligenti, con qualche differenza relativa alle distribuzioni nei picchi più alti e più bassi, ovvero negli uomini ci sono più individui con disabilità intellettiva poiché la maggior parte delle sindromi genetiche colpisce il cromosoma X, nelle donne essendoci due cromosomi X è come se l’altro andasse a compensare mentre nell’uomo la patologia diviene fenotipica ovvero espressa. Analogamente, negli uomini vi è una maggiore percentuale di soggetti sopra la media, quindi negli uomini troviamo più spesso picchi di intelligenza e disabilità intellettiva ma gli stessi picchi sono toccati nelle donne, solo con minor frequenza.
Secondo altri studi le donne hanno maggiori abilitá trasversali ed un funzionamento cognitivo determinato dal contributo di più aree cerebrali di tipo associativo, l’uomo sembra più specializzato nell’elaborazione delle informazioni in maniera settoriale ma ad un maggior grado di profonditá. In generale, sembra che il cervello maschile e femminile funzioni in maniera differente ma non può essere determinata la superiorità dell’uno o dell’altro, dipende inoltre dalla natura del compito per cui può essere più adeguato un approccio trasversale o settoriale.
Infine, non è chiaro se le differenze nel funzionamento siano dovute a differenze strutturali, molto è dovuto infatti alle influenze ambientali e socioculturali che determinano certe scelte formative e professionali negli uomini e altre nelle donne.
Perché molti non accettano gli omosessuali?
L’intolleranza è un fenomeno comune. Ognuno di noi è portato a discriminare ciò che percepiamo come diverso, è un meccanismo radicato nel nostro funzionamento psichico che non sempre e non in tutti lo sviluppo emotivo e culturale è in grado di mitigare, lasciando il posto alla tolleranza e l’apprezzamento delle differenze individuali. Nel caso specifico dell’omofobia, può essere spesso associato a rigidità sessuale e stereotipi di genere, misoginia e visione dicotomica dei ruoli sessuali. Ciò vale sia per gli uomini che per le donne. Può anche essere dovuto a tratti di omosessualità latente che determina intolleranza nei confronti di una caratteristica altrui in primis negata in se stessi. Infine, sono determinanti i fattori educativi nonché i messaggi veicolati dai genitori e da altri adulti di riferimento relativamente all’omosessualità. Anche l’avere amici o parenti omosessuali può influenzare l’atteggiamento verso l’omosessualità sia nel senso di una maggiore tolleranza che, paradossalmente, di una maggiore intolleranza.
Una relazione di coppia può continuare senza rapporti sessuali?
In teoria potrebbe. Nella pratica bisognerebbe comprendere meglio le ragioni sottese a tale scelta accertandosi che non rappresenti la spia di una mancanza di intimità. Ad ogni modo i rapporti sessuali sono uno dei molti modi di sublimare le pulsioni sessuali. L’eccitamento ha una base mentale oltre che fisica, lo dimostra il fatto che molti comportamenti o parti del corpo non propriamente sessuali possono indurre eccitazione fino a raggiungere l’orgasmo pur in assenza di un rapporto completo, come in alcuni feticismi e fantasie sessuali. Tali comportamenti sessuali possono essere inseriti all’interno di una relazione connotata da intimità a patto che non vi sia una strumentalizzazione dell’altro in funzione del proprio godimento esclusivo. La sfera della sessualità è ampia e in alcune sue parti coincide con l’intimità ma nessuna delle due si risolve nel semplice rapporto sessuale. Per questo il sesso non è in grado, da solo, né di salvare una coppia dalla rottura né di consacrarne la fine.
Quali sono le possibili cause all’origine della fobia sociale e come la si può superare?
Alla base della fobia sociale vi è spesso un profondo senso di insicurezza associato al timore di essere sottoposti al giudizio altrui. Questo può derivare dall’essere cresciuti in un contesto familiare orientato al giudizio e alla valutazione dei suoi membri. Può accadere ad esempio che la persona da bambina veniva involontariamente spinta ad esporsi e mostrare se stessa in contesti extrafamiliari da uno o entrambi i genitori. Per un bambino l’essere elogiato dagli adulti può essere motivo di vanto e orgoglio, tuttavia la ricerca dell’approvazione porta ad un senso di identità fortemente dipendente e non essere più in grado di tollerare un giudizio negativo, vivendo nella paura di deludere le aspettative altrui. Inconsciamente, il timore di non piacere corrisponde al timore di non essere amato poiché manca alla persona l’esperienza di essere stato oggetto di amore incondizionato nelle prime esperienze di vita, quell’amore non dipendente da certe performance, capacità o qualità particolari ma semplicemente per ciò che si è.
Paradossalmente, alla base del senso di insicurezza può esserci una struttura di personalità narcisisticamente orientata. Ciò che accomuna le due cose è l’incapacità di tollerare il giudizio negativo degli altri. Nucleo narcisistico e fobia sociale possono quindi rappresentare due facce della stessa medaglia, il primo genera la paura di non essere all’altezza, il secondo garantisce la soluzione a questa paura.
Si può lavorare sulla fobia sociale relativizzando l’importanza dei “fallimenti” personali, riconoscendo in sé un atteggiamento giudicante prima ancora che sugli altri in quanto la paura di essere giudicati è spesso una proiezione della nostra tendenza a giudicare. E’ come quando pensiamo di stare antipatici a qualcuno quando, inconsciamente, stiamo giustificando il fatto che quella persona sta antipatica a noi. Chi soffre di una fobia sociale è quindi probabile che stia sperimentando la paura di un giudizio esterno poiché non riconosce quanto inconsciamente sia giudicante con gli altri oltre che con se stessa.
Come si può aiutare una persona a superare le proprie fobie?
Smettendo di aiutarla. Sembra paradossale, tuttavia un problema frequente delle persone ansiose è la dipendenza da un “accompagnatore” il quale, inconsapevolmente, contribuisce ad alimentare certi meccanismi di evitamento oltre che i sintomi ansiosi. E’ importante invece in questo caso dare spazio al senso di autonomia della persona affinché senta di potercela fare. Ci vorrà tempo ma in questo caso i progressi saranno vere conquiste. Il rischio di forzare qualcuno ad affrontare di petto ciò di cui ha paura è che in quel momento potrebbe non essere pronto e che quindi si esponga al fallimento. Questo non farà che aumentare il sentimento di impotenza e l’evitamento della situazione fobica.
Perché spesso sogno di cadere oppure di levitare?
Quando entriamo nella fase Rem (rapid eyes movements) il cervello induce una paralisi temporanea poiché se così non fosse ci ritroveremmo ad agire quel che sognamo, il sonnambulismo ne è un esempio. Sognare di cadere o levitare può essere qualcosa di simile poiché associata alla percezione inconscia di assenza del corpo, tuttavia i sogni possono avere un significato interpretabile solo all’interno di una psicoterapia, sfortunatamente in questa sede dobbiamo accontentarci della spiegazione neuropsicologica.