Omogenitorialità e sviluppo dei figli

l’omogenitorialità è spesso mal tollerata, si tratta di una condizione che talvolta genera indignazione nell’opinione pubblica. Il principale pregiudizio è dato dalla convinzione che i figli di genitori omosessuali abbiano più probabilità di sviluppare disturbi psicologici e di essere vincolati nello sviluppo della propria identità di genere. La convinzione alla base di questo pregiudizio è che la sanità mentale del bambino si fondi sull’avere genitori eterosessuali. 

Attualmente sono disponibili meta-analisi a livello internazionale che incrociano dati provenienti da diversi paesi e culture degli ultimi 30 anni. Dai risultati emerge come crescere in una famiglia omogenitoriale adottiva non determina di per se un fattore di rischio per esiti di sviluppo disadattivo.

Le ricerche dimostrano inoltre come non vi sia una differenza significativa circa lo sviluppo dell’ orientamento sessuale dei figli , se questo dipendesse solo dall’orientamento sessuale dei genitori allora dovremmo presupporre che ogni individuo omosessuale abbia almeno un genitore omosessuale, cosa che naturalmente non trova conferme nell’esperienza. L’orientamento sessuale è una componente della personalità e, come ogni altra, è la risultante di molteplici fattori interconnessi che rendono l’individuo una combinazione unica di essi.

Un’altra preoccupazione comune riguarda la possibilità di un maggior rischio di subire bullismo e sviluppare disturbi di natura psicopatologica. anche in questo caso tuttavia la ricerca lo smentisce, non è infatti stata riscontrata un’ incidenza maggiore di disturbi d’ansia, depressione o disforia di genere. In caso di bullismo, effettivamente il contenuto delle offese è frequentemente l’essere figlio di genitori omosessuali, ma i tassi di bullismo non sono più alti rispetto al gruppo dei coetanei.

I punti di forza dell’essere figli di coppie omosessuali sembrano invece una maggiore empatia verso i gruppi sociali più deboli ed una migliore capacità di tollerare le differenze.

Come ulteriore approfondimento di carattere tecnico-scientifico valeva la pena citare l’illuminante ricerca “Father’s brain is sensitive to childcare experiences”, uno studio sulla genitorialità di coppie omosessuali da un punto di vista neurofisiologico.

La studiosa Ruth Feldman ha scoperto che nei padri omosessuali si attivano le medesime aree cerebrali che si osservano generalmente nelle madri, aree associate ai comportamenti empatici e solleciti nei confronti del bambino.Ma in questi stessi padri si attivano contemporaneamente anche le aree cerebrali associate a tipici completamenti di cura “paterni” come lo spirito di protezione circa i pericoli dell’ambiente e la ricerca di risorse e alle necessità della famiglia.

Nelle coppie eterosessuali tali circuiti neurobiologici sono differenziati nell’uomo e nella donna, dalla loro integrazione determinano quello che la Feldman definisce “ambiente di accudimento globale”. Nelle coppie omosessuali adottive formate da due uomini invece si attivano contemporaneamente. La cosa sorprendente è che lo stesso meccanismo di compensazione è stato osservato in uomini soli, eterosessuali e omosessuali i quali, in assenza della madre, mostrano oltre ai comportamenti tipici della paternità anche quell’attivazione cerebrale associata ai comportamenti materni.

La natura ci ha quindi equipaggiati di un sistema alloparentale che, in presenza di un bambino, a prescindere dal legame biologico o adottivo con lui e dall’orientamento sessuale determina l’attivazione di sistemi neurobiologici associati alla genitorialità in base alle necessità del sistema familiare che garantisce tutte le caratteristiche ottimali per la crescita di un figlio.

L’unico fattore che sembra quindi rilevante per predire lo sviluppo del bambino è la qualità delle relazioni familiari, non la composizione nè l’orientamento sessuale dei suoi membri.

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